Viaggio d'Istruzione delle quinte ABC dell'Artistico Buniva di Pinerolo

NEUE MUSEUM

 Ora il Neues è più nuovo. David Chipperfield ha completato la ricostruzione dell'edificio sull'Isola dei Musei che ospiterà le raccolte egizie. Un compromesso perfetto tra superstiti strutture ottocentesche e aggiunte moderne.

Per gli antichi egizi ci volevano 500 anni perché l'Araba Fenice risorgesse dalle sue ceneri. Fortunatamente c'è voluto assai meno perché rinascesse dalle rovine il Museo Egizio di Berlino, la perla offuscata dell'Isola dei Musei, che Federico Guglielmo IV aveva commissionato nel 1843 a Friedrich August Stüler perché completasse l'opera avviata dal suo maestro Schinkel con la costruzione dell'Altes Museum al Lustgarten.

Una rinascita firmata dall'architetto inglese David Chipperfield, che non solo consacra l'inserimento dell'Isola dei Musei nella World Heritage List dell'Unesco, ma, dopo sessant'anni di progetti e undici anni di lavori, rilancia le ambizioni di Berlino come capitale culturale d'Europa.

Il museo rinato ha aperto le sue stanze al pubblico che attendeva da tempo, tra una certa diffidenza e qualche mugugno, l'esito finale di un processo che dalla caduta del muro al nuovo Reichstag di Norman Foster ha visto rapidamente ricomporsi il quadro delle grandi istituzioni nazionali.

«Santuario delle scienze e delle arti»,il Neues Museum di Stüler a metà secolo XIX aveva aperto la strada alle future costruzioni dell'Alte National galerie, del Bode Museum e, infine, del Pergamon Museum, contribuendo a configurare l'Isola dei Musei come un'Acropoli laica destinata celebrare Berlino come l'Atene tedesca del XIX secolo. Il Neues Museum voleva esprimere una visione dell'archeologia come racconto di una storia vivente, non scienza votata al mero studio del passato ma sublime tentativo di innestare l'antico nell'attiva contemporaneità di un popolo. Uno scrigno severo ma prezioso, un tempio ornato, dentro e fuori, con un programma iconografico che faceva intenso ricorso alle arti e all'artigianato artistico. Lungo i muri di tutte le sue stanze, la storia dell'umanità si dipanava nei fotogrammi di un film dai toni accesi, che evocava il mistero del passato come un'eloquente didascalia alle preziose collezioni archeologiche offerte alla nazione.

Niente di più lontano insomma dalla pratica contemporanea del museo luogo di intrattenimento, spesso pretesto per una dissacrazione che riporta il tema del rapporto con il nostro passato a un presente senza altra responsabilità che di essere attraente e divertente.

Architetto schivo e cultore di una logica del progetto come risposta consapevole a un bisogno di rappresentatività, Chipperfield - che con minore successo sta lavorando in Italia al museo milanese delle Culture e al palazzo di Giustizia di Salerno - non ha sottovalutato il fatto che a Berlino la storia è sempre politica e si è accollato il compito, quasi temerario, di conciliare il culto di Ruskin per le rovine con una concezione ottimistica del nuovo, capace di riflettere la complessità e le contraddizioni della storia senza per questo perdersi nel labirinto della nostalgia.

Passata dalla deliberata amnesia del passato all'altrettanto patologica bulimia della memoria di oggi, Berlino ha sviluppato in questi ultimi anni una morbosa attrazione per il suo passato, giungendo alla ricostruzione di intere parti del tessuto urbano - dalla porta di Brandeburgo alla Leipzigerplatz - e persino alla proposta di rifacimento in stile del castello di fronte all'Altes Museum e della Bauakademie di Schinkel. Da quest'insensata propensione al «dov'era com'era» non si era sottratta neanche la decennale vicenda del Neues Museum, l'ultima rovina ancora da sistemare nel mosaico della grandeur prussiana.

Al motto di «conservare meglio che rifare», Chipperfield ha impresso a questa deriva una sterzata significativa, decidendo di trattare i resti aulici del tempio-museo come un palinsesto della storia tedesca: né tabula rasa, né sfondo per un nuovo senza ragione; piuttosto una trama su cui ritessere fili spezzati ma ancora autentici, come le colonne, i muri, le tessere musive, le migliaia di frammenti di intonaci e decorazioni, meticolosamente riclassificati e ricollocati in una ragnatela di linee ispirate alla logica moderna del collage. Ma l'impressione non è quella fredda di un corpo resuscitato; le vigorose giunture che colmano la lacuna del corpo martoriato - come lo scalone d'ingresso - esaltano la straordinaria tensione di una storia vivente filtrata da un'acuta sensibilità contemporanea che in alcuni ambienti quasi trasforma il decorativismo di Stüler nelle astrazioni coloristiche di Turner.

Quasi cinque decenni vegetare il nuovo museo Isola dei Musei a Berlino, rovine di guerra lì. Shine, il declino e la ricostruzione - il nuovo museo rappresenta il suo passato a scacchi in modo unico gli alti e bassi della storia in generale.

Origine e storia del Nuovo Museo

La costruzione originaria del nuovo museo è stato ispirato da altri che il re di Prussia Federico Guglielmo IV trovato, ma al tempo che le stanze erano sufficienti al tempo del vecchio museo di non presentare le collezioni sempre crescente del paese in maniera adeguata.
Schinkel-allievo Friedrich August Chaisson è stato poi commissionato marzo 1841, i piani per prepararsi a un nuovo edificio che avrebbe espandere il vecchio museo. Chaisson era altrettanto ansioso di opere di successo. I suoi progetti per il museo tardo-classica, sono state considerate buone e già il 19 Giugno 1841 ha iniziato con le attività di costruzione.

Dopo nove anni di costruzione del nuovo museo è stato finalmente aperto alla collezione egizia e il Gabinetto Disegni e Stampe. È stato inserito nel 1855 nel museo, una collezione di mobili, vetro e ceramica, e modelli architettonici. Poco tempo dopo ha aperto la raccolta di gesso e la collezione di antichità nazionale. Tre anni più tardi, fu aggiunto come la raccolta ultimo della casa, tra cui la collezione etnografica. La gamma di esposizione per il momento la casa era completa, il New Museum è stata completata ma non ancora. - Fino al 1929, fatta continui mutamenti strutturali al fine di presentare le vaste collezioni e le mostre per il pubblico stupito in maniera ottimale.

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